Quanti anni ho lavorato la terra delle argille, quanto ho camminato sulla terra delle argille. Chi non le conosce può trovarle ostili. Cambiano in modo radicale a seconda delle stagioni, del clima, del frumento, del fieno; se abbandonate dai coltivatori imbarbariscono sino a diventare selvagge. Ma chi le conosce bene sa come coltivarle, non puoi lavorarle quando vuoi, hanno un carattere:non puoi coltivarle come vuoi tu, ci sono periodi, ci sono piante che non richiedono, basta sapere e ti ricompenseranno.
Questo è il mondo delle argille, poggi,piagge, calanchi,vogliono aria,sole, pioggia a seconda della stagione. Sono fragili in inverno nei pendii scoscesi, basta una pioggia più intensa e franano; nell'estate tutto inaridisce, poche piante resistono, tutto inaridisce e secca. Non cercare sorgenti dove sono loro, solo l'acqua piovana resiste in piccoli laghetti nei fondovalle. Ma è uno spettacolo di natura in primavera, le enormi piagge col frumento verde ondeggiato dal vento, sembra mare, le erbe da fieno: sulla e lupinella col suo rosso intenso il primo il rosa tenue il secondo colorano immense distese, e nei cigli,nei calanchi un trionfo del giallo della ginestra, e rose canine bianco o rosa,il fiore del susino selvaggio e del biancospino.
Io che in gioventu ho lavorato nelle piagge, ho vissuto stagioni di piaggia e di sole. Ho desiderato la pioggia sugli arida terra, ho sentito il sibilo del maestrale, o la fredda tramontana, ho visto cadere la pioggia in inverno.
Ora che da pensionato le posso ammirare nella loro bellezza, cammino senza timore nelle immense distese ondulate, tutto è davanti a mè, vedo all'infinito, non puoi perderti, e tutto lì davanti a te; solo in lontananza qualche cipresso vicino una casa, un colle, una tortuosa strada bianca. Guardi lontano e vedi un paese. E i paesi, costruiti su colli spogli, al riparo della tramontana, con i mattoni rosicchiati dal tempo, tetti incrostati di licheni,polvere,abbronzati dal sole, circondati da esili cipressi. E la gente, quella semplice, che ti saluta quando attraversi il paese, fiera di mostrarti il loro passato, la storia scritta con muri, archi,torri, chiese, castelli, selciato.
Argille di Toscana, quanto vi ammiro, che silenzi,che brezze in primavera, sembra tutto statico ma c'è vita.Guardi il silenzioso frullare delle allodole, odi il gracchiare della gazza ladra o nella forra la ghiandaia, ogni poco il frusciare della lucertola, poi è silenzio di nuovo, vedi in lontananza un gregge, dei vitelli al pascolo. E le nuvole in cielo rincorse dal vento, vedi le loro ombre creare rapidi chiaroscuri fantastici. E le strade bianche tortuose, un poco sconnesse, attraversate da rigoli creati dalla pioggia con cigli alti ai lati ricoperti da ginestre e rose canine con spesso ai lati esili cipressi. Quante di queste strade ho percorso nel tempo meravigliandomi.Sono le regine del paesaggio Toscano, immense e belle, aride e spoglie, all'apparenza povere, danno ricchezza al nostro mondo fatto di spazi infiniti e di bellezza unica.
Ecco il mondo delle argille, il mio mondo,dove ho lavorato e camminato tanto.
1 commento:
Caro Maresco, questo è davvero un bellissimo pezzo, molto poetico, molto vissuto.
Complimenti!
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