martedì 8 novembre 2011

Ricordi: la semina


Fra i tanti lavori agricoli la semina era quasi un rito: a Novembre se il terreno era stato bagnato dalle prime piogge e successivamente asciugato quel tanto da non sprofondarci con i piedi, via, oggi si semina!, si partiva da casa col carro agricolo trainato dai buoi con sopra l'occorrente: il rastrello, le zappe il concime, il seme, un canestro- cestino rotondo col manico-, e via lentamente verso la piaggia da seminare.Primo lavoro rompere le zolle più grandi per favorire il passaggio ai buoi e nello stesso tempo per frazionare il terreno. Se il rastrello faceva un buon lavoro, cioè tritava le zolle e rendeva il terreno spianato si procedeva a mettere i - segni- con pampini di viti se segnalava una striscia del terreno perchè il seminatore vedesse dove cadeva il seme.
Seminare, era un'arte, lavoro che eseguiva mio padre,col seme nel canestro gettava il seme con gesto uguale; prima a destra della striscia, poi a sinistra il seme cadeva perfetto in tutto il terreno predisposto in modo uguale,per interrare il seme passavamo con il rastrello trainato dai buoi. Lunghe giornate di lavoro interrotte a volte dalla pioggia o dalla sera .Mentre guidavamo i buoi per incitarli al lavoro c'era tutto un gridare comune e colorito: -vai avanti, via accidenti a te e a De Gasperi- vai ho detto, vai avanti,vagabondi, siete più vagabondi voi che il prete morto di Brusciana!-poi il significato di questo detto non l'ho mai saputo-, vai e i buoi incuranti degli incitamenti procedevano lentamente. Ci scappavano anche bestemmie e di quelle colorite, era un lavoro molto faticoso e si rischiava nei ripidi pendii sia noi che il bastiame. Ma quando vedevamo spuntare i germogli dal terreno era una gioia che non si può spiegare a chi ora è seduto a lavorare davanti un compiuter.

2 commenti:

patrizio spinelli ha detto...

Eccomi qui a sgranare il rosario della memoria.
Ad ogni grano, un ricordo sfiora la mia mente ed il cuore
lo sfiora con un tocco lieve di serenità e di gioia.
La vita dura delle mie genti campagnole, riaffiora
ancora negli scorci sereni e fertili di questa terra
che ancora resiste all' abbandono.
Riaffiora come un dono, a noi che ora la guardiamo
non più con gli occhi stanchi della fatica.
Qui, in questa terra antica, dove da sempre l' uomo
si è concesso a renderla piena di bellezza
senza distinzione di censo e di ingegno
lo dico col cuore non disdegno
chi col duro lavoro, ha lavorato la terra
ha custodito la campagna, lasciando a noi questo capolavoro!

Alberto ha detto...

Ecco, il gesto del seminatore, come hai detto, un'arte. E quindi il seminatore un artista creatore di nuove vite. E poi il bue, animale praticamente scomparso per l'antico lavoro e ridotto, ahimè, ad animale da macello. Che malinconia!