Quell'anno triste di guerra fù un anno di raccolto eccezionale,buon grano, tanti frutti, sembrava che la natura avesse detto: diamogli una mano. A Giugno mentre i miei falciavano il grano attenti ai rastrellamenti tedeschi, molto falciò mia madre e mio zio. Quando finirono di ammucchiare il grano già si sentivano in lontananza il rumore delle cannonate.
Usciti dal rifugio di guerra appena liberati c'era in problema di avere grano, mio padre spazzò l'aia e prese il banco, un tavolone che già aveva servito per battere il grano; questo tavolo era largo e arrivava alla cinta di un uomo. Come era la trebbiatura a mano: Al mattino stesero i -Covoni- piccoli fasci di grano con le spighe tutte alla stesso livello, per essere essiccate, più il grano era stato al sole più facilmente usciva. Verso le undici mio padre cominciò a sbattere le spighe del grano sul tavolone, prima da un lato poi dall'altro, lo passava a mia madre che con un randello di legno faceva uscire tutti i chicchi di grano. Quando al pomeriggio si alzò il venticello il grano venne mondato per togliere la pula.
Il mattino dopo col sacco di grano sul manubrio della bicicletta mio padre partì per il mulino sull'Elsa, mulino che le macine erano azionate dall'acqua per macinarlo. Al ritorno con la farina subito al lavoro le donne per fare il pane, una stacciava, e l'altra impastava. c'era da sfamare noi fmiliari e altri parenti sfollati oltre l'Arno dove ancora c'erano i tedeschi.
3 commenti:
Questo racconto mi intenerisce. Evoca un'atmosfera di grande operosità ed armonia, nonostante la guerra. Mi sembra che questa atmosfera sia andata completamente perduta.
davverto bello, interessante e anche poetico
Bel ricordo, di un momento triste.
Posta un commento